UN PO' DI STORIA
Artemide nasce da una
rete di bisogni, come quello di collettivizzare un patrimonio di esperienze
vissute sul monte Peglia, luogo con una lunga storia di occupazioni, le
prime risalenti al 1977 da parte di un gruppo di giovani disoccupati liguri,
che occuparono alcuni casali abbandonati. Nonostante le svariate denunce,
fogli di via e sgomberi, le occupazioni ci sono state ininterrottamente fino
al 1993, quando un "patto d'intesa" tra occupanti e regione ha posto fine a
questa questione con il riconoscimento da parte della regione della presenza
degli occupanti e del loro ruolo di mantenimento del patrimonio pubblico, (i
casali occupati rappresentano la maggioranza di quelli, tra i 124 di
proprietà pubblica, salvati dalla distruzione causata dall'inutilizzo) e con
l'avvio della stesura di contratti di affitto dei casali e delle terre
pertinenti.
In questo luogo definito
"svantaggiato" abbiamo cercato di prendere in mano la nostra vita, ed
abbiamo cercato di capire come le nostre storie, immerse in questa natura,
potevano trovare tracce comuni da seguire. Ciò è stato solo l'inizio di una
coraggiosa e tenace lotta, innanzi tutto con noi stessi ed i meccanismi
della nostra formazione.
Ci muoviamo, volenti o
nolenti, nel marasma dell'attacco globalizzato del neoliberismo che cerca di
conquistare nuovi mercati finanziari, su cui far piovere, come manna acida,
la cultura del consumo e della mercificazione.
Alcuni di questi mercati
risultano talmente "nuovi" che sono ancora da creare per "mezzo" di
spericolate quanto audaci manipolazioni genetiche. Tanta ambizione
d'onnipotenza è supportata dall'80% delle ricchezze mondiali, oggi come ieri
nelle mani di poco meno di 200 multinazionali, le quali fanno riferimento
più a lobbies economiche che a governi politici veri e propri.
Ingranaggi ben oliati,
azioni e indici di borsa che portano sciagure e repressioni per chi si
oppone allo sviluppo rampante.
Il rimanente 20% è per la
maggioranza della popolazione (quella che la ricchezza la produce davvero)
ma non certo equamente diviso. Ci sono i cosiddetti vincenti e perdenti, i
trend e i trash; agli ultimi spettano così percentuali sempre più ridotte e
spesso questi pagano con la vita o la libertà il prezzo della sopravvivenza.
Tra questi anche coloro che il denaro e l'accumulo non li annoverano tra i
valori, ma tra le disgrazie.
Il crollo di miti e di
governi, non è equivalso alla perdita di valori, anzi, la speranza di
ricollocarli tanto nel vissuto quotidiano, quanto nei progetti futuri ha
fatto nascere in tutto il mondo una nuova società civile, ispirata al
rispetto, alla solidarietà, alla distribuzione della ricchezza, al ridare
senso al lavoro, al tempo libero, all'habitat naturale.
Questa ''società civile"
come la chiama il Sub comandante Marcos, cerca di collocarsi nella dinamica
di una "rivoluzione quotidiana", perché è nel presente che si ama e si
soffre, per un futuro che non sia da incubo. Perché è qui e ora, in questo
contesto, su questo pianeta, che ci troviamo a vivere e vogliamo essere
presenti.
Siamo dei privilegiati, è
vero (anche a noi serve ricordarlo nei momenti difficili) viviamo e
respiriamo con i boschi, guardiamo il cielo vestirsi di colori sempre
diversi.
Abbiamo dinanzi a noi
quel "libro della natura" che ha ispirato ogni desiderio di conoscenza, ogni
filosofo.
E' un libro dalle pagine
inesauribili che contiene tutte le domande, tutte le risposte, tutti i
misteri, scritto in una lingua che molti credono di afferrare, ma nessuno
conosce.
Ognuno dovrebbe poter
guardare a quel libro in cui è scritta la storia millenaria del nostro
pianeta, ma anche quella delle nostre madri e padri. Nell'inquietudine del
quotidiano cittadino e paesano, crediamo che questo, oltre ad essere un
diritto, sia soprattutto un bisogno inalienabile: cercare nella natura le
tracce delle proprie radici e insieme il senso dell'esistere.
Per questo proponiamo qui
la ricerca di un rapporto d'appartenenza, quasi di parentela e di
partecipazione a ciò che ci circonda.
Vivendo in questi luoghi,
ci colpisce il valore educativo dell'essenziale, contrapposto al superfluo,
della presenza e dell'ascolto contrapposti al fatalismo e ad una velocità
che diviene facilmente fretta distratta.
Si corre il rischio di
dimenticare le nostre responsabilità nell'educarci e nell'educare, perché
siamo sempre chiamati a scegliere e a gestire, per non essere scelti e
gestiti. Questa responsabilità non è sempre piacevole e nemmeno facile. E' un mestiere tutto da imparare, che s'intraprende da bambini e continua sempre, non si acquisisce mai del tutto, seguiremos preguntando, intrecciando i come ed i perché, cercando di creare un percorso di ricerca personale, indispensabile per orientarsi, per vedersi crescere, per stare dietro al mondo che gira.
|
|